“Amici, vi voglio bene. Ma io mi fermo qui”. La commovente lettera di addio di un testimone ai CTR del caso Amicizia.

Una premessa

w56_2Chi mi conosce sa che ho molto a cuore la storia di “Amicizia”, uno dei casi di contatto e interazione tra umani ed extraterrestri più importanti e maggiormente documentati tra quelli a noi noti.

L’ho a cuore non solo perché rappresenta un caso “solido” con testimoni ancora viventi che possono ancora raccontare la loro esperienza diretta, ma anche perché ci aiuta a delineare il profilo di una storia più grande, una storia di contatto “collettiva” tra gli abitanti della Terra e altri provenienti da mondi lontani. Una storia che si dipana nell’arco di decenni, forse di secoli, toccando diversi continenti attraverso vari “capitoli”, di cui uno appunto è “Amicizia”. Non è dunque solo la storia di un singolo uomo o di un gruppo di persone, ma è in qualche modo la storia di tutti noi. L’insegnamento spirituale dei W56, il loro tentativo di aiutarci a crescere come singoli e come umanità ha infatti a che fare con il futuro di tutti, non soltanto di coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarli.

I “CTR”

Foto di un pilota “esterno” pubblicata da Perego nel 1958

Nella storia di “Amicizia”, oltre ai W56, o Akrij, compare anche un altro popolo extraterrestre che i testimoni chiamavano CTR (acronimo di “contrari”) ma il cui vero nome era Weiros.

Al contrario dei W56, i CTR erano esseri solo parzialmente organici, seppur di aspetto molto simile agli esseri umani. Dalle testimonianze emerge che i CTR avevano una visione della vita, un’etica, completamente differente da quella dei W56. Spirituali e compassionevoli questi ultimi, insensibili e privi di sentimenti i primi. Adoratori della tecnologia, i CTR non subordinavano la loro tecnologia alla morale, come facevano invece i W56, e non avevano problemi a fare del male per raggiungere i loro scopi.

Qualcuno li ha etichettati come “i cattivi”, eppure anche i CTR hanno lasciato, a modo loro, una traccia profonda nella storia di Amicizia e soprattutto nel gruppo di persone che, parallelamente alle esperienze di contatto con i W56, ha avuto, soprattutto a Roma, contatti con loro. Ed è appunto la lettera di una di queste persone che ebbe contatti con i CTR a rivelarci un aspetto diverso, o meglio, un punto di vista diverso su questo misterioso popolo che gli stessi W56 definivano come i loro “fratelli nemici”.

La lettera

Questo straordinario documento recentemente pubblicato nell’ultimo libro di Stefano Breccia “50 years of Amicizia”, uscito per ora soltanto in edizione in lingua inglese fa parte di un carteggio privato, conservato da Breccia, contenente lettere, appunti e note personali di un gruppo di persone di Roma che negli anni 60, per diversi mesi, fu in contatto con i CTR.

Esso ci rivela aspetti nuovi e del tutto inediti del caso Amicizia, un rapporto quasi speculare (e ancora per gran parte sconosciuto) a quello avuto da altri testimoni con i W56; un rapporto nel quale emerge, inaspettatamente, un forte senso di attaccamento e anche di amicizia, da parte del gruppo umano nei confronti dei CTR, generalmente ritenuti un popolo negativo e ostile rispetto ai W56.

La “lettera” che segue, in particolare, fu inviata da un certo Gianni (il cognome non è stato rivelato) ai CTR con i quali era stato in contatto per diversi mesi insieme ad un gruppo di altre persone di Roma. Nel testo egli motiva, con grande trasporto emotivo, la sua sofferta decisione di abbandonare il gruppo e quindi anche ogni contatto con i CTR.

Le motivazioni che Gianni espone a motivo della sua scelta ci rivelano non solo gli aspetti più profondi del coinvolgimento emotivo che fa da sfondo a questa straordinaria storia di interazione e contatto, ma anche la distanza, l’incomunicabilità che a volte esiste quando due culture così diverse si incontrano e si toccano.

Questa lettera, a mio giudizio, esprime meglio di qualunque altro documento o testimonianza, il vero significato della storia di Amicizia. Perché tocca il nostro cuore, prima che la nostra mente, perché ci fa capire che camminare insieme è un processo difficile ma necessario per crescere ed evolvere. Perché ci dice che nessuno è perfetto (neanche i W56) ma tutti siamo sulla strada verso la perfezione. E, infine, perché ci aiuta a riflettere sui nostri pregiudizi e ci invita a non cedere mai al gioco seduttivo della dualità, al gioco dei “buoni” e dei “cattivi”.

Questa lettera così intima e così universale allo stesso tempo, ci ricorda ancora una volta che, nonostante le nostre differenze, tutti noi (compresi i W56 e i CTR) apparteniamo allo stesso Universo e che siamo tutti UNO.

Nota

Nel testo, oltre che ai “nomi” di alcuni dei CTR, viene anche fatto cenno al parco di Veio, una riserva archeologica e naturale pochi chilometri fuori di Roma, al di sotto del quale, secondo le testimonianze, vi sarebbe stata stata una delle basi operative dei CTR.

Ivan Ceci

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LETTERA DI GIANNI AI CTR
Tratta dal libro “50 years of Amicizia” di Stefano Breccia
Traduzione di Ivan Ceci

Amici miei, ho deciso di fermarmi qui.
Capisco che voi attribuirete la mia decisione alla paura e alla codardia. Se è questo quello che pensate, non posso farci nulla. Ma vorrei che voi, almeno per una volta, foste come noi esseri umani, e non pensaste solo alle vostre magnifiche abilità tecniche.
Io vi voglio bene e ho sempre avuto fiducia in voi, anche quando non era il caso di averne.
Mi allontano da voi nella speranza che possiamo rimanere comunque amici.
Voi non potete capire cosa significhi questa decisione per me.
A causa della vostra scienza, voi avete perso di vista l’uomo e le sue peculiarità. Ho deciso di fermarmi qui in nome degli esseri umani.
Il nostro mondo è pieno di miserie. Voi siete venuti qui per studiarci, e nient’altro. Io conosco l’umanità meglio di voi e mi sono reso conto che ci sono moltissime persone che hanno bisogno del mio aiuto.
A causa vostra, negli ultimi tre mesi, ho dovuto trascurare altre persone. La mia speranza era di trarre da questa esperienza qualcosa di positivo, di utile, ma ho fallito. Ora il mio dovere è quello di dedicare me stesso a coloro i quali non credono più nell’amore. Ecco perché non sono d’accordo con voi: voi non condividete questi concetti, voi non comprendete quante persone hanno cambiato la propria vita grazie a questi ideali. Il mio dovere ora consiste nel lavorare a fianco di queste persone, parlare, scrivere, e cercare di portare aiuto.
Non dimenticherò mai la vostra gentilezza e le registrazioni che feci delle vostre telefonate mi ricorderanno sempre della vostra straordinaria amicizia.
Forse voi non riuscirete mai a capire questa parola, perché per voi i sentimenti non sono così importanti.  Per me invece lo sono, perché ho ancora stampata nella mente l’immagine dei bambini che piangono disperati vicino alle rovine delle loro case distrutte da una stupida guerra.
Voi ci studiate e basta. Io spero che in futuro potremo incontrarci di nuovo. Nel frattempo, voi ed io avremo la possibilità di ripensare e riflettere su quanto è accaduto. Mi recherò di tanto in tanto a Veio, per sentirmi vicino a voi.
Un saluto a CEAR 97, a MAVI, KLAS, e a te, ELKO, che in questo momento mi stai ascoltando. E un pensiero anche ai W56, nella speranza che anche loro possano cambiare il loro comportamento. Vi abbraccio tutti quanti. Ogni notte pregherò il nostro Dio e il vostro Woa, nella speranza che le cose possano un giorno cambiare in meglio.
Addio a tutti voi.
Gianni.

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